Il fattoquotidiano.it ha esaminato i bilanci di Airc-Firc, Save the children, Telethon, Medici senza frontiere, Unicef, ActionAid, Emergency e Associazione italiana leucemie. Le spese vive pesano dal 16 a più del 35% delle uscite totali. “Ma ricerca, personale e certificazione dei bilanci costano”, spiegano i vertici. La soluzione? Una rete di servizi amministrativi in comune. Ma per l’ex presidente dell’agenzia del terzo settore la vera sfida è “superare l’approccio formalistico” e verificare quanto i progetti migliorano le vite dei destinatari.
“La trasparenza di facciata non basta. Bisogna smetterla con questo approccio formalistico: quello che conta è comunicare se gli obiettivi vengono raggiunti e se le donazioni agli enti non profit determinano un impatto sociale positivo“.
Ad auspicare che le onlus italiane facciano un salto di qualità nella rendicontazione è Stefano Zamagni, economista ed ex presidente dell’Agenzia per il terzo settore abolita dal governo Monti.
Sotto la lente ci sono i costi sostenuti dalle organizzazioni per il funzionamento della propria struttura e per organizzare le campagne di raccolta fondi.
E il rapporto tra quei costi e i risultati ottenuti. “Commisurare le spese all’output, cioè a quello che si è fatto”, sostiene il professore, “non dice nulla sull’efficacia nel raggiungere l’obiettivo e su quanto e se quel progetto ha effettivamente migliorato le vite dei destinatari”.
Paolo Pesticcio, giurista esperto di legislazione del non profit, aggiunge che “sarebbe opportuno rendere obbligatoria la pubblicazione di una relazione su ogni raccolta pubblica di fondi, con il dettaglio di spese sostenute e soldi ricavati”.
Oggi non esistono norme ad hoc, ma solo le linee guida emanate nel 2011 dall’Agenzia per il terzo settore e una circolare dell’Agenzia delle Entrate in base alla quale i costi “devono essere contenuti entro limiti ragionevoli”
Fonte: ilfattoquotidiano